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Dal 1987 la cooperativa sociale “L’Arcobaleno” si occupa di recupero e reinserimento di soggetti tossicodipendenti, gestendo la Comunità residenziale omonima sita in Lecce presso Villa Sans – Soucy tra Lecce e San Pietro in Lama. Nel pieno rispetto del valore del pluralismo, delle motivazioni, delle scelte, ideali o di fede, la Comunità pone al centro dell’intervento la persona, focalizzando l’intervento sulla centralità della relazione.
Fare comunità non è solo la scelta temporanea di un giovane tossicodipendente in difficoltà. Creare Comunità è soprattutto una scelta di vita di chi non si accontenta di una quotidianità vuota e ripetitiva indipendentemente dallo stato di emarginazione o di dipendenza. Essere comunità vuol dire vivere con la scelta e il gusto del nuovo per sé e per gli altri.
L’Arcobaleno considera la Comunità come un’opportunità strutturata, non esaustiva, di un percorso modellato sui bisogni del soggetto, punto di una rete costituita sia dal territorio di provenienza sia dalle risorse in esso espresse, come il contesto familiare, le relazioni significative e positive preesistenti, mirando perciò ad un intervento educativo privo di elementi salvifici e magici, ma centrato su un percorso di cambiamento che si attiva a partire dalla costruzione di risposte efficaci e personali ai propri disagi, un percorso che parte dal territorio e ad esso arriva, profondamente inserito nel tessuto sociale.
Superata da tempo la caratteristica di istituzione chiusa e specializzata, la Comunità è aperta al territorio con una pluralità di proposte terapeutico-socio-educative e di servizi di prevenzione.
L’équipe, in linea con i progetti educativi, utilizza momenti di confronto e relazione dotandosi inoltre di percorsi formativi, di aggiornamento e di supervisione, volti a sviluppare e approfondire le conoscenze tecniche, le capacità di comunicazione e a migliorare la qualità della relazione.
Il progetto educativo della Comunità L’Arcobaleno sottolineando la centralità della persona e della relazione si pone due obiettivi primari:
Numero massimo 24 utenti
Sesso maschile
Soggetti con misure alternative alla detenzione
Soggetti tossicodipendenti, alcoldipendenti drug free o anche con terapia farmacologica disintossicante
Soggetti in doppia diagnosi in fase di compenso, compatibili con trattamento comunitario
Può essere prevista anche l’accoglienza di soggetti con forme di abuso o di dipendenza differenti dalle sostanze stupefacenti e per i quali si valuti l’opportunità di trattamento presso la Comunità (gioco d’azzardo, videopoker).
Il modello cognitivo rappresenta un modello euristico con il quale è possibile concettualizzare e spiegare fenomeni di mantenimento dell’abuso di sostanze e della ciclica tendenza alle ricadute. La terapia cognitiva è un trattamento attivo e strutturato con lo scopo di fare acquisire al paziente in modo rapido ed efficace, delle buone capacità psicologiche per far fronte ai propri problemi. La terapia cognitiva per il trattamento della dipendenza ha come obiettivo l’astinenza e si concentra su tre aree principali:
La terapia che si basa sui sistemi comportamentali ha come obiettivo la costruzione nel soggetto di nuovi comportamenti e l’estinzione dei vecchi, sempre in relazione con l’ambiente.
Tiene in considerazione la “posizione” dell’utente in un cammino ideale che va dalla mancanza di motivazioni alla disponibilità al cambiamento. Durante la permanenza in comunità si effettuano Colloqui Motivazionali finalizzati alla individuazione di strategie utili per saggiare, valutare e accrescere il potenziale di cambiamento.
Assunto di base è che quel che uno fa ha un senso e una funzione. Quindi ogni comportamento serve all’individuo, è una strategie “adattiva”, la migliore risposta che in quel momento l’individuo è in grado di attuare .
L’analisi funzionale cerca di identificare la funzione che il comportamento problematico ha per quella persona. La comprensione della funzione dell’uso di sostanze è il presupposto per la ricerca di strumenti personali migliori.
Situazioni di congelamento emotivo sono quasi la regola in soggetti che chiedono aiuto per problemi di dipendenza. La residenzialità aiuta a tornare a “sentire e gestire le emozioni. Relazionarsi con gli altri utenti, uno spazio “caldo” in cui esprimere le proprie emozioni, sentimenti e vissuti, nel gruppo dei pari e nei vari momenti d’aggregazione, permette di “forzare” i blocchi emotivi, di persone “congelate” nel comportamento di dipendenza.
Comprendere le proprie emozioni: identificare, osservare e descrivere l’emozione per ridurre le sofferenze e modificare le emozioni dolorose attuando comportamenti di segno opposto.
Si attua una “normalizzazione” della ricaduta, riportandola alle esperienze personali, favorendo lo sviluppo di abilità per fronteggiare situazioni diverse. Si utilizzano strumenti, quali diario del craving, bilancia decisionale, etc., per accompagnare le persone nella quotidianità.
E’ il gruppo fatto alla presenza del Direttore della comunità e dell’educatore referente con le finalità e le modalità specifiche di ciascun programma:
I gruppi si strutturano con la modalità dell’auto – aiuto e si svolgono una volta al mese. Essi hanno lo scopo di permettere ad ogni familiare di esprimere i propri sentimenti e le proprie esperienze. La disponibilità all’aiuto è una risorsa molto preziosa nella terapia delle tossicodipendenze e, nel contempo, è anche un valore positivo sul quale far leva per costruire un’alleanza terapeutica sulla base della quale poter lavorare sulle contraddizioni che si evidenziano ai vari livelli del rapporto: genitore – genitore, genitore – figlio e genitore – se stesso. Con i genitori si fa un cammino spesso lungo e doloroso di scoperta della natura del coinvolgimento nel rapporto col proprio figlio. Si tratta, in principio, di lavorare sul senso di colpa che li accompagna e di aiutarli ad elaborarlo, distinguendo tra colpa e coinvolgimento.
Da alcuni anni si assiste alla crescita dell’interesse per i programmi residenziali brevi in particolare nel trattamento dell’alcolismo e del cocainismo e del gioco d’azzardo patologico. Percorsi che si differenziano da quelli tradizionali che ci hanno sempre caratterizzato e che si rivolgono a persone che giungono in comunità dopo lunghi percorsi di trattamento ambulatoriale e con forte compromissione sociale e personale. Altro aspetto che ci ha sempre caratterizzato sono i programmi “ad personam” sebbene non siano mai stati qualificati dalla durata del trattamento. Consapevoli che le richieste dei pazienti oggi sono di percorsi più veloci di cura, anche la comunità Arcobaleno vuol far fronte a tali richieste in virtù della sensibilità che ci ha sempre contraddistinto e guidato. I programmi brevi si differenziano dai programmi tradizionali per il focus sulle attività psicoterapeutiche e per la minor componente sanitaria. I programmi residenziali brevi sono rivolti sopratutto ma non solo, a soggetti nei quali la dipendenza non ha ancora determinato un grave deterioramento sociale e personale.
L’attivazione di programmi specialistici brevi sopratutto per alcolisti e cocainomani, tocca alcuni nodi di fondo:
Cuore dei programmi residenziali brevi è quella che chiamiamo “acquisizione di strumenti”; questa dizione vuol sottolineare come questi programmi non hanno l’intento di guarire, ma quello di fornire al paziente strumenti personali e sociali che gli consentano una volta dimesso, di affrontare i propri problemi, le proprie situazioni a rischio ricaduta, le proprie fragilità emotive , allo scopo di mantenersi sobrio.
Allo scopo di potersi dedicare sin dall’ingresso in struttura al percorso psicoterapeutico, sarebbe auspicabile che il soggetto si presenti già disintossicato. La disintossicazione potrebbe essere fatta anche in centri ospedalieri specializzati con cui la comunità andrebbe a collaborare.
I programmi saranno per obiettivi e concordati con i servizi invianti. La durata del programma non è standardizzata e può essere influenzata da diversi fattori: la gravità clinica, condizioni lavorative, l’età, la sostanza primaria, la modalità di invio. Una certa elasticità nella durata è necessaria ai fini del buon esito dell’intervento.